Nella Convenzione del Consiglio d’Europa scritta a Istanbul nell’ormai lontano 2011 si legge: “La violenza contro le donne persiste in tutti i paesi del mondo come la violazione più diffusa dei diritti umani. Rappresenta uno dei principali ostacoli al conseguimento della parità di genere e dell’emancipazione femminile, interessando donne e ragazze, indipendentemente da fattori quali l’età, la classe sociale o la situazione economica. Danneggia le famiglie e le comunità, comporta notevoli costi economici e sociali e limita e compromette la crescita economica e lo sviluppo.”

I dati ufficiali relativi alla violenza di genere dimostrano che la nostra società è ancora molto lontana da una risoluzione del problema:

Nell’82% dei casi chi fa violenza su una donna ha le chiavi di casa.
Nell’80,2% dei casi le vittime sono italiane, così come sono italiani il 74% dei colpevoli.
Maltrattamenti, atti di stalking, violenze sessuali, percosse, nel 60% dei casi sono commessi dall’ex partner.
Per alcuni reati come i maltrattamenti, le percosse o la violenza sessuale il genere assume un ruolo preponderante: nel tempo le vittime di sesso femminile sono aumentate, passando dal 68% del 2016 al 71% del 2019.
(Questo non è amore, Report della Polizia di Stato)

La violenza di genere è democratica e universale, non esistono particolari differenze tra nord, centro e sud Italia, così come sia le vittime che gli aggressori appartengono a tutte le classi sociali, economiche e culturali senza particolari distinzioni.

Ci sono molte forme diverse di violenza che le donne subiscono ogni giorno, di cui solo una parte si rivolge ai centri anti-violenza. La percentuale più alta è rappresentata dalla violenza psicologica, che rappresenta il 73,6 per cento. “Quella subita dalle donne è una violenza quotidiana, «domestica», che rischia di creare assuefazione, perché c’è il rischio che ci si adatti alla violenza” si legge nello stesso Report della Polizia di Stato.  Al secondo posto, con una percentuale del 62,1%, segue la violenza fisica.

Sono molte le cause che spingono le donne a non chiedere aiuto, da paura e insicurezza profonde generate da umiliazioni e denigrazioni costanti al timore di perdere i propri figli, dal senso di colpa nei confronti del proprio compagno alla convinzione di essere sole e isolate, senza possibilità di scampo.

Tra le tante ragioni, molto spesso c’è anche l’impossibilità di andare in un luogo sicuro dove vivere, l’assenza di risorse economiche proprie su cui contare, la mancanza di un mezzo di trasporto o la mancanza di conoscenza di sportelli e luoghi in cui ottenere aiuto.

Con la campagna #IoRispetto vogliamo offrire un’opportunità alle donne che vogliono chiedere aiuto e costruire un futuro migliore per sé e per i propri figli.

Comincia a scrivere e premi Invio per cercare