Saper leggere il libro del mondo: torna il Festival delle Geografie

Dal 17 al 20 settembre 2020 a Villasanta
la seconda edizione del Festival delle Geografie
“Confini, frontiere, limiti”

Quattro giorni di conferenze, incontri e presentazioni: torna in Villa Camperio l’evento che insegna a leggere il libro del mondo.

L’iniziativa, sostenuta anche dalla Fondazione MB attraverso le Tre Call per la Fase 2, è organizzata dall’associazione Watinoma in rete con la Casa dei Popoli, il comune di Villasanta e A.I.I.G. – Associazione italiana insegnanti di geografia.

Ecco come gli organizzatori presentano la nuova edizione: tutti i dettagli su festivaldellegeografie.it.

Confini, frontiere e limiti nella lingua corrente sono termini quasi diventati sinonimi. Rimandano a idee contrastanti di fine e di inizio, di difesa e protezione cercata o di prigionia subita, chiusura e superamento, rigidità ed elasticità. Stare dentro, stare fuori, imbattersi, impattare, oltrepassare. Nella vita di ciascuno hanno risonanze differenti. Ogni frontiera, ogni limite, ogni confine, sono poi, per chi li travalica, una soglia verso una nuova opportunità, verso un nuovo inizio, verso un altrove carico di inquietudini e di speranze. Perché è cosi che gira il mondo. Dal punto di vista geografico invece, sono parole che indicano, perlomeno nel loro significato originario, concetti diversi.

Il confine è una linea comune (con-) che separa e segna la fine di due territori; si differenzia dal limite proprio per il fatto di essere riconosciuto da entrambi i confinanti. Il limite (limes) è invece stabilito unilateralmente, come nel caso relativo all’Impero romano (civiltà) e terre germaniche (barbarie).

La frontiera invece è una parola di origine bellica che ha derivazione militare (fronte). Sulla frontiera di solito in tempi di guerra ci si affronta, in tempi di pace ci si confronta.

Lontano dal significato strettamente militare il termine frontiera viene utilizzato per indicare dei limiti mobili: le frontiere della scienza (che sono lì finché una nuova scoperta non le sposterà più avanti), la frontiera del West (che è lì finché i coloni non si insedieranno oltre).

Al di là dell’etimologia e del contesto originario dei termini, oggi l’uso di queste parole presenta più di qualche ambiguità, se è vero che anche in ambito accademico gli studiosi si esprimono con interpretazioni diverse e non sempre coerenti circa il corretto significare da tributargli.

Naturali o artificiali, necessari o problematici, di confini e frontiere si parla da secoli e, se dopo le due guerre mondiali, con una nuova fase di spinta della globalizzazione, sono fiorite visioni e immagini come quella del villaggio globale, di un mondo sempre più aperto e percorribile – e quindi del tramonto di confini e limiti per come li avevamo conosciuti fino a lì – , da qualche anno a questa parte sembra che l’idea di mettere confini e di controllarli più saldamente stia tornando in voga.

Non ci riferiamo solo alla ritrovata notorietà di confini politici e militari, ma anche ai confini che venano le nostre vite culturali, che uniscono o creano fratture all’interno della società. Difendere la purezza della propria cultura, difendere la tradizionale codificazione dei ruoli di genere tra maschi e femmine, discutere dei confini etici tra ricerca scientifica e modificazione della vita, stabilire quale sia il limite per un sistema economico che anela alla crescita infinita. Basta una veloce rassegna stampa per capire come ognuno di questi confini, sia oggi una linea di faglia, fragile e inquieta.

Partendo quindi dagli strumenti messi a disposizione dalla ricerca geografica porteremo quest’anno sul palco del Festival delle Geografie persone, esperienze e sguardi, che possano essere un contributo di valore per aiutarci a comprendere meglio il significato dei termini e ad orientare la mappa in un mondo che sembra sempre più diviso e alla ricerca della illusoria sicurezza delle barriere invalicabili.

Lo faremo sempre partendo da Villasanta e dal Fondo Camperio, archivio della famiglia di viaggiatori  che tra fine ‘800 e primi del  ‘900 ha esplorato alcuni dei più remoti margini dell’ecumene.

Voglia di scoprire l’ignoto, curiosità, bisogno di qualche conferma sono i sentimenti tipici che accompagnano chi varca ed esplora i confini. Per noi rappresentano lo spirito esploratore con cui creare un festival della geografie che sia occasione di comprensione del mondo di oggi e un momento di formazione e crescita sociale: sentiamo – così come  tutti voi – l’esigenza di saperne di più, di provare a chiarirci le idee, di disegnare una mappa. Crediamo che maggiori informazioni e qualche coordinata ci consentiranno di padroneggiare con più lucidità e meno ansie il mondo che sta fuori dalla porta di casa, di provare a tracciare un itinerario futuro”.

Scarica il programma completo qui.

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