Il sistema della cooperazione in Brianza: uno sguardo sul futuro

Pubblichiamo la riflessione di Marco Meregalli, coordinatore del comitato territoriale di Monza e Brianza di Confcooperative Milano e dei Navigli, sulle sfide che il mondo della cooperazione si prepara ad affrontare in questa nuova fase dell’emergenza sanitaria.

Il sistema di cooperazione di Confcooperative Milano e dei Navigli nella Provincia di Monza e Brianza coinvolge più dimensioni della vita quotidiana: ci sono i settori dell’abitazione, del lavoro, del sociale, del turismo e della cultura, del consumo, della finanza con le BCC, attività che coinvolgono 130 cooperative, con 4.300 lavoratori, ventiseimila soci ed un fatturato complessivo di circa 200 milioni di euro.

In questo periodo di emergenza Covid-19, a partire dal mese di marzo, la situazione del nostro territorio ha avuto un momento di forte crisi per i cittadini a livello sanitario,  sociale ed economico, andando a colpire le fasce più fragili, partendo dai minori, sino alle situazioni  di marginalità, individuale e familiare, a livello economico di imprese artigianali, commerciali e industriali. Un pensiero di memoria e di ricordo mi sia consentito alle persone mancate nel nostro territorio e nella nostra regione a causa della Covid-19, al personale sanitario, professionale e volontario che si è prodigato fortemente. Anche per loro dobbiamo mantenere viva la nostra tensione verso il miglioramento delle condizioni di vita soprattutto dei più fragili.

La crisi del 2020  è più grave di quella che ci ha colpito nel 2008 e ci ha trovati impreparati sotto vari punti di vista. Tutti i settori della cooperazione ne hanno risentito fortemente anche se con intensità diverse e di certo il settore sociale che si occupa delle fragilità, dei minori e delle famiglie è quello che si è trovato in maggiore difficoltà.

Le attività semiresidenziali per le persone con disabilità sono state chiuse e hanno riaperto a luglio, le attività scolastiche, dall’infanzia all’università, e i servizi domiciliari per minori hanno avuto interruzioni, riduzioni e trasformazioni di servizio. I servizi  per la salute mentale sono sempre rimasti aperti con notevoli difficoltà per le persone accolte, mentre le comunità per minori e donne e i servizi residenziali (da quelli per le famiglie a quelli per i  migranti) hanno continuato a operare. I centri diurni per anziani sono rimasti chiusi, le attività di inserimento lavorativo per i soggetti fragili si sono interrotte, il disagio economico e sociale delle famiglie fragili è aumentato.

In questo panorama, la cooperazione, che fa riferimento a Confcooperative, a Legacoop e ad AGCI, collegata anche all’associazionismo, si è attivata sin da subito per cercare di stare vicino alle persone accolte nei vari servizi, alle loro famiglie: a volte aumentando il carico di cura, iniziando attività “da remoto”, utilizzando piattaforme digitali, collaborando tra i vari settori di cooperative, cercando di sviluppare la creatività che ci contraddistingue in questi interventi di prossimità, vicinanza e solidarietà, cercando di tutelare parimenti gli operatori impegnati che si sono messi in gioco, anche a proprio rischio.

Tutto ciò all’interno di una cornice istituzionale di provvedimenti e decreti: il Governo, la Regione, ATS e gli enti locali ci hanno dato linee guida, indirizzi di lavoro per garantire di lavorare in sicurezza, con elementi di prevenzione e cura molto onerosi dal punto di vista organizzativo ed economico. Il problema della mancanza di mascherine, di dispositivi di protezione, di materiale per la sanificazione è stato un problema generale che si è riversato pesantemente anche sulle nostre organizzazioni ed a cui abbiamo fatto fronte con le poche risorse di mercato a disposizione, attivando reti nazionali ed internazionali. E ci siamo riusciti pian piano, con il supporto di tutti. Ma abbiamo dovuto ricorrere agli ammortizzatori sociali (utilizzati da più della metà delle cooperative) e affrontare la sostenibilità economica derivante dalle modalità di lavoro differenti e dall’aumento dei costi per la messa in sicurezza.

In questo periodo di emergenza sono stati e sono importanti quindi gli aiuti dello Stato, ma parimenti i supporti e contributi della Fondazione Cariplo, della Fondazione di Comunità di Monza e Brianza, le donazioni dei soci, delle singole persone ai cui vanno i nostri ringraziamenti.

Ora i servizi, a partire dalla scuola, come tutti gli altri, sono in fase di ripartenza, riavvio e modifica nelle modalità, con problemi di spazi, di distanziamento fisico, di rispetto delle normative, con il reperimento di dispositivi di protezione adeguati e di remunerazione delle prestazioni.

Un aspetto fondamentale in questo momento è partire da quanto abbiamo sperimentato tutti quanti: Ats, Asst, enti locali, imprese profit e no profit, scuole, enti formativi, associazioni, attori del territorio hanno sviluppato un apprendimento nella gestione dell’emergenza Covid-19 in termini individuali, di gruppi, di nuclei, di città, sperimentando metodi di intervento, in collaborazioni tra livelli diversi. Si tratta di condividere questo apprendimento per poter articolare un piano di lavoro, che consenta di co-progettare e co-programmare linee guida e attività.

Da tempo stiamo lavorando come cooperazione su vari tavoli territoriali: con gli uffici di Piano degli Ambiti, con la Prefettura su tavoli tecnici e sull’immigrazione, con Ats Brianza negli organismi di coordinamento e sui tavoli di conciliazione, con la Provincia nel Tavolo welfare e nel tavolo della concertazione, in Camera di  commercio con tutte le parti imprenditoriali di rappresentanza, con il CSV, con il Forum del Terzo Settore MB, con la Fondazione di Comunità di Monza e Brianza, con la Caritas territoriale, con le associazioni di familiari di utenti che accogliamo nei servizi, nei progetti territoriali di rete su tematiche di bisogno varie che esistono o che sono stati attivati di recente per rispondere alle esigenze dei cittadini e nel rispetto delle normative. Anche qui abbiamo grandi potenzialità e risorse progettuali da mettere insieme, anche a partire dalle potenzialità di cui le persone con fragilità possono disporre a beneficio della collettività.

Il 2020 per Confcoperative è l’anno dei rinnovi di tutti gli organi dal livello territoriale a quello nazionale e alla fine dello scorso anno, ovviamente senza prevederne l’effetto, abbiamo individuato una definizione che ci accompagnasse nel cammino dell’anno: “Costruttori del bene comune”. Questa frase assume un maggior significato oggi perché dobbiamo contribuire a ridisegnare un welfare di territorio che si connetta con il mondo sanitario,  sociosanitario e sociale  in un’ottica di prevenzione, di “cura” che prenda anche la parte di affidamento, del farsi carico insito nell’“I care”. E un grazie sentito va anche a tutti i cooperatori che stanno cercando di rendere reali questi valori.

Papa Francesco nell’enciclica “Laudato si’ ” ha parlato della cura che dobbiamo avere del creato, della nostra “Casa Comune”: credo che si possa andare nella direzione della “Brianza Comune” , un luogo dove il cittadino soprattutto più fragile debba sentirsi accolto e trovare le possibili risposte alle sue aspirazioni di valorizzazione e di realizzazione di vita: abbiamo le risorse che servono e dobbiamo metterle insieme.

Una cosa che la Covid-19 ci ha insegnato nostro malgrado è che da soli non riusciamo a uscire da questa situazione critica, ma dobbiamo farlo tutti insieme, con una dimensione di mutualità diffusa e di corresponsabilità, che per noi è il fondamento dell’essere cooperativa: pensare e fare insieme per costruire un bene comune.

Marco Meregalli

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