Dai luoghi agli spazi: le opere in mostra / Valerio Adami

Una selezione delle opere in mostra all'Orangerie della Reggia di Monza
Sezione numero uno, "Dai luoghi agli spazi"

Valerio Adami
Camel, 1967
acriloco su tela – Lissone, Mac Museo d'Arte Contemporanea

Superato l’esordio espressionista degli anni cinquanta e rifuggendo dalla pittura esistenzialista, tra il ’64 e il ’68 il linguaggio pittorico di Adami si distingue sempre più per le campiture piatte e rinforzate da una trama disegnativa con i contorni marcati, richiamando il cloisonnisme delle vetrate medievali. L’intero corpus della sua opera è fondato sulla pratica del disegno, da cui deriva il forte senso di rigore formale, a favore di una tavolozza satura e giocata sui contrasti.

Su grande scala si ibridano soggetti tratti dalla realtà, secondo una formula illustrativa che attinge dai codici del fumetto popolare e dai manifesti d’affissione. Scene di vita vissuta, o solo contemplata, sono scomposte e ricostruite su più piani, in una sorta di montaggio dialettico intessuto di reminiscenze, fino a ripresentarsi nella nitida mappatura del dipinto con combinazioni imprevedibili, influenzate anche dal Cubismo e dall’opera di Sebastian Matta.

La fine degli anni sessanta è caratterizzata dall’evocazione di luoghi apparentemente anonimi e inabitati; anche nell’opera Camel, vincitrice nel 1967 della XV edizione del Premio Lissone Pittura, il paesaggio urbano è dominato dal palazzo Carrión (altrimenti detto “El Capitol”, ancora oggi ospitante un hotel e lo storico cinema “Capitol”), uno tra gli edifici più iconici di Madrid, come attesta il disegno preparatorio appartenente a una collezione privata di Arona.

A incidere sul patrimonio iconografico di Adami è l’ancoraggio ai documenti fotografici di alberghi, vetrine, bagni pubblici e stazioni, raccolti nei viaggi in diverse città d’Europa e oltreoceano, materiali da cui si innescano le associazioni mentali che guidano l’iter creativo dell’artista attraverso una serie di metamorfosi visive e culturali.

Testo tratto dalla scheda dell'opera a cura di Chatia Cicero e Alberto Zanchetta, contenuta nel catalogo della mostra a pagina 52.

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